Ci voleva una recensione ricca e sottile come quella di Francesco Guglieri sulla rivista on line Doppiozero per mettere in luce in maniera nuova e particolarmente efficace le connessioni complesse che si rincorrono tra fisica quantistica, fenomeni sociali, tecnologia, e letteratura.
L’articolo di Guglieri, intitolato “Helgoland: Rovelli e i quanti“, inizia con una considerazione che sembra completamente fuori contesto: “Il volume degli scambi della Borsa di New York varia ogni giorno tra i 2 e i 6 miliardi di transazioni, con un valore medio giornaliero (…) di 169 miliardi di dollari. L’unico modo per gestire una tale mole di dati è affidarsi alle macchine”; l’articolo continua poi con una impressionate mole di dati che riguardano i trasporti di merci e di informazioni che si appoggiano su quel “sistema di piattaforme, servizi, data center, dorsali oceaniche la cui complessità è tale da trascendere qualsiasi tentativo di comprensione del singolo individuo”.
Insomma, scrive Guglieri, “il mondo è une rete di reti dentro altre reti, una complessità ingovernabile e ingovernata, senza nessuno alla guida se non (forse) la sua stessa, inumana, logica strutturale”.
Questa è la cornice insolita e stimolante entro cui si incrociano le considerazioni che emergono dal libro di Rovelli, “Helgoland”, e il romanzo di Don DeLillo in uscita in Italia a febbraio 2021, intitolato in origine “The silence”, in cui si immagina lo scenario distopico provocato da un blackout generalizzato di tutti i device digitali e le infrastrutture tecnologiche.