Complessità di Ignazio Licata: il primo libro “classico” segnalato per la Biblioteca dei classici della complessità, al Complexity Literacy Web Meeting dell’autunno 2020.
Di seguito il video della presentazione tenuta durante il Web Meeting, e a seguire l’articolo lungo di cui il video è una sintesi.
Si parla di complessità a proposito dei sistemi e delle reti tecnologiche e sociali. Ma che differenza c’è tra un sistema complicato e uno complesso? E davvero un approccio sistemico complesso comporta l’abbandono di cardini della logica come il terzo-non-dato e la relazione lineare causa-effetto? Troviamo molte risposte in “Complessità. Un’introduzione semplice”, di Ignazio Licata.
Chi non si occupa nello specifico di reti e complessità corre il rischio di affrontare problemi e opportunità sul lavoro o nello studio o nella vita quotidiana, basandosi su una ‘mentalità’ – o meglio su di un ‘paradigma cognitivo’ – assolutamente non adatto a comprendere e gestire i fenomeni complessi e reticolari che emergono sia sul fronte tecnologico che su quello sociale.
Eppure, molti studiosi e altrettanti divulgatori scientifici da più di vent’anni stanno popolando gli scaffali delle biblioteche con opere che cercano di dare senso e peso a un passaggio di visione che può essere paragonato – per difficoltà e impatto – a quello vissuto nel Seicento dai contemporanei di Galileo, Cartesio e Newton: per noi oggi il passaggio è da una visione ‘lineare’, ‘deterministica’, ‘riduzionista’ a una visione ‘complessa’, ‘sistemica’, ‘reticolare’ dei fenomeni biologici, sociali e tecnologici che ci circondano e ci permeano.
Le domande
Prima di tutto: complicato e complesso sono sinonimi o significano cose diverse? Ovvero, anche un problema complesso, come tutti quelli complicati che conosciamo, è semplicemente un problema di difficile soluzione, che comunque con pazienza e caparbietà riusciamo a ‘semplificare’, ovvero a scomporre nelle sue parti essenziali, risolvendole una per una e ricomponendo poi l’insieme in una sintesi finale risolutoria?
Oppure nei sistemi complessi l’intreccio delle relazioni tra le parti che lo compongono è tale per cui non riusciamo a stabilire cause ed effetti e quindi non riusciamo a prevederne lo sviluppo nel tempo? E se non riusciamo a prevedere passo passo come si sviluppa nel tempo un sistema complesso, che ce ne facciamo degli studi sui suoi comportamenti, sull’emersione al suo interno di nuove proprietà diverse da quelle dei singoli componenti, sulla sua capacità di ‘auto-organizzarsi’ senza direttive precise da un centro (che spesso nemmeno esiste)?
E poi: i sistemi complessi hanno a che fare con le reti?
Ma soprattutto: perché mai dovremmo occuparci di complessità?
Le risposte
Per prima cosa, sciogliamo l’ambiguità tra ‘complicato’ e ‘complesso’. Nel linguaggio comune spesso i due termini vengono usati erroneamente come sinonimi; a guardare l’etimologia invece ci si accorge subito che ‘complicato’ comporta il concetto di qualcosa che è stato piegato e quindi può essere ‘s-piegato’, un passo per volta, seppure con un processo lungo, non semplice; mentre ‘complesso’ porta con se il concetto di ‘intessuto’, ‘intrecciato’, ovvero di un insieme in cui le relazioni interne danno vita a qualcosa che non è caratteristico dei suoi singoli componenti: se smonto un tessuto ottengo dei fili che perdono la proprietà collettiva che deriva dal loro intreccio.
Quali sono i tratti salienti, le caratteristiche e le proprietà dei sistemi complessi lo vedremo grazie alle citazioni che abbiamo tratto dall’agile volumetto divulgativo di Ignazio Licata, “Complessità, un’introduzione semplice”, pubblicato nel 2011 dalle Edizioni :duepunti di Palermo, che ci farà da Virgilio nel territorio scivoloso della complessità.
Ma il motivo per cui ci occupiamo di complessità lo anticipiamo subito qui: in generale, ce ne occupiamo perché non solo noi siamo sistemi di sistemi di sistemi complessi, sia per quanto riguarda le nostre cellule e i nostri organi, sia per quanto riguarda la nostra mente, ma anche perché siamo immersi in ambienti sociali ed ecologici che a loro volta sono sistemi di sistemi di sistemi complessi. E, nello specifico, ci occupiamo di complessità perché le tecnologie digitali e le connessioni reticolari sempre più fitte che avvolgono il nostro pianeta in maniera ormai ampiamente globale, nascono e si evolvono secondo logiche complesse e nello stesso tempo velocizzano, accelerano e amplificano le dinamiche complesse della nostra società, in tutti i suoi aspetti, da quello finanziario a quello commerciale, da quello militare a quello politico e geopolitico, da quello sanitario a quello economico ed ecologico.
Abbiamo detto che un sistema complesso, per definizione, non è prevedibile; non lo è perché, in quanto complesso, il sistema nel suo insieme è sensibile a minime variazioni locali (il battito d’ali di farfalla in Amazzonia che fa scatenare mesi dopo un uragano negli Stati Uniti) e subisce grandi cambiamenti a fronte di piccole azioni locali. E dunque è lecito chiedersi perché occuparci di complessità se il suo studio non ci dà la possibilità di prevedere come evolve il sistema che stiamo osservando, sia esso la diffusione di una epidemia, la crescita di nuovi soggetti in rete, lo sviluppo di cellule terroristiche in un ambiente loro estraneo o i processi decisionali in una organizzazione… Le risposte, di nuovo, le troviamo nelle citazioni del libro di Licata che vediamo più avanti.
Ma intanto anticipiamo un concetto chiave: affrontare ambienti, problemi, fenomeni o organizzazioni complesse con un approccio lineare, deterministico, top-down, porta a errori catastrofici, dato che il modello che utilizziamo, semplicemente, non è realistico; mentre utilizzare un approccio sistemico, che tenga conto dei fenomeni di auto-organizzazione, di emergenze di pattern dal disordine, di sensibilità del sistema alle regole locali e all’architettura reticolare che lo struttura, permette di affrontare ‘realisticamente’ i suoi processi evolutivi, allargando la visione sul ventaglio di pattern su cui il sistema può organizzarsi.
Perché abbiamo scelto questo libro
La complessità è un argomento interdisciplinare, un metodo, un paradigma scientifico attraverso cui si leggono gran parte dei fenomeni economici, sociali e tecnologici attuali (e attraverso cui passano gli studi sull’evoluzione, sull’intelligenza e perfino sulla coscienza). Così, per poter arrivare alla sintesi di questo intervento, abbiamo dovuto sfogliare un centinaio di libri sulla complessità (tanti se ne trovano tradotti in italiano), ne abbiamo letti una ventina, ne abbiamo studiati una decina e alla fine, per i nostri lettori, abbiamo scelto quello che ci sembra il testo più agile, di facile comprensione, capace di suscitare anche forti suggestioni (nonostante nel testo ci siano passaggi che in un lettore senza preparazione scientifica non innescano quelle associazioni di idee che possono essere percepite immediatamente da chi ha fatto studi di fisica, chimica, matematica o scienze naturali).
Il libro a cui facciamo riferimento, l’abbiamo detto, è “Complessità, un’introduzione semplice”, di Ignazio Licata, pubblicato nel 2011 dalle Edizioni :duepunti di Palermo: un volumetto di piccolo formato, leggibilissimo e addirittura appassionante, di 130 pagine in tutto.
Nota: in appendice diamo una sintetica “rassegna guidata” di alcuni degli altri libri divulgativi che riteniamo più efficaci per capire a fondo e velocemente quali sono le caratteristiche e le proprietà non solo dei sistemi complessi, ma anche dei fenomeni, degli ambienti e delle organizzazioni che su complessità e reticolarità basano la propria esistenza e il proprio modo di essere, di agire e di evolvere.
Il sommario
Ecco come la casa editrice presenta il libro nella bandella di copertina:
“Una guida accessibile, accattivante e completa per interpretare alla luce della teoria della complessità i fenomeni che accomunano ambiti solo apparentemente distanti come i sistemi sociali, il management, la biologia, la mente, le relazioni politiche, la meteorologia e molti altri. Ma anche una proposta per una nuova visione che capovolga il modo consueto di interpretare o gestire questi sistemi, una critica dalle profonde ricadute politiche. I sistemi sociali che vengono guardati e gestiti con un approccio riduzionistico, andrebbero invece ripensati nell’ottica aperta suggerita dalle scienze della complessità”.
L’autore
“Ignazio Licata (Palermo 1958), fisico teorico, è direttore scientifico dell’ISEM, Institute for Scientific Methodology di Palermo, ed editor in chief dell’Electronic Journal of Theoretical Physics (EJTP). Tra le sue pubblicazioni di alta divulgazione: Osservando la Sfinge (2009) e La logica aperta della mente (2008).”
L’indice ragionato dei contenuti
La sequenza dei capitoli ci dà un’idea concreta di come l’autore abbia organizzato per noi lettori il suo approccio ai temi che ruotano intorno al concetto di complessità.
Il testo parte dalla definizione dell’ambito in cui ci muoviamo: la “Terra di mezzo” che si trova tra il microcosmo in cui dominano le leggi quantistiche e il macrocosmo in cui valgono le leggi della relatività: quella zona intermedia in cui si muove l’uomo e tutto quanto è vivo e sociale e – come tale – risponde alle regole della complessità.
In questo ambito, con il secondo capitolo (“Metafore, modelli e filtri cognitivi”), l’autore chiarisce le differenze fra l’approccio tradizionale, riduzionista e deterministico, e il nuovo paradigma cognitivo complesso, in particolare nello studio dei sistemi sociali ed economici.
Introducendo, quindi, nel capitolo “Vedere e costruire teorie”, un elemento centrale nell’approccio sistemico ai problemi complessi: l’osservatore (un modello scientifico è un occhio: un filtro cognitivo guidato dagli obiettivi dell’osservatore).
Nei capitoli “La scienza fredda” e “Assiomi riduzionisti”, Ignazio Licata sottolinea gli abbagli che derivano da un approccio lineare e riduzionistico in casi concreti specifici come le ricerche in ambito biologico, nello studio della mente o in neurologia.
Seguono due capitoli dedicati all’approccio sistemico: il primo, intitolato “Il mondo incerto, i creatori di mondi”, gioca su una suggestione di particolare forza, l’analogia tra il processo di conoscenza e il collasso quantistico nel sistema collegato (entangled) mente-mondo; il secondo, “More is different”, vuole chiarire come riduzionismo ed emergenza siano due approcci complementari, assolutamente non incompatibili, da utilizzare in maniera appropriata a seconda del fenomeno o del problema che si sta affrontando.
Il cuore del piccolo manuale, quello da cui abbiamo tratto le citazioni che vediamo fra poco, è “I sistemi complessi in un pugno”: cinque principi di base con cui Licata definisce proprietà e caratteristiche dei sistemi complessi.
Il volumetto si chiude con l’applicazione dei concetti analizzati al “Management come strategia della conoscenza”, per imparare a vedere emergere pattern non solo nella musica, nella letteratura e nell’arte, ma anche nell’economia.
Il tutto in poco più di un centinaio di pagine di piccolo formato: un pomeriggio di buona lettura.
Commenti e citazioni
Nel nostro lavoro di sintesi e riflessione, abbiamo estratto dal testo di Ignazio Licata i passaggi chiave che permettono a chiunque di farsi un’idea delle caratteristiche e delle proprietà dei sistemi complessi, del loro rapporto profondo con la struttura reticolare e soprattutto del tipo di approccio cognitivo che ci serve per avvicinarci a una realtà così imprevedibile nei dettagli.
“Esistono dei principi generali per comprendere i sistemi collettivi complessi? Sì, se siamo pronti ad associare il termine ‘comprendere’ non più con ‘prevedere in dettaglio’, ‘controllare’ e ‘programmare’, ma con ‘gestire’ e ‘pilotare’. (…) un sistema complesso è un sistema che non può essere ‘zippato’ in un singolo sistema formale; questo vuol dire che lo potete osservare da vari punti di vista, e costruire modelli mirati ad aspetti diversi, modelli diversi per descrivere giochi di relazione diversi. Quindi un sistema complesso è un sistema che richiede una gestione dinamica dei modelli”.
Vediamo allora in sintesi i cinque “princìpi” che Ignazio Licata propone nel suo libro.
Primo principio: apertura logica. “I sistemi complessi sono sistemi aperti dove avviene una continua riorganizzazione dell’energia e della materia ma soprattutto dell’informazione, e sono sensibili al contesto. (…) Sensibili al contesto vuol dire che non studiamo mai oggetti, ma processi.”
Secondo: il principio di Indifferenza (un po’ più tecnico). “Un sistema complesso dispiega molti comportamenti diversi, sostanzialmente equivalenti dal punto divista energetico, e quindi non passibili di alcuna gerarchizzazione, neanche probabilistica. Il modo di usare l’energia-informazione a disposizione è imprevedibile e tutt’altro che univoco.”
Terzo principio: “Faccio prima a osservarlo”. Ovvero: “Se non c’è un singolo modello da cui posso dedurre tutto, allora bisogna andare a osservare le cose. Sembra ovvio, ma come molte cose ovvie non è evidente. (…) Sappiamo che un’osservazione mirata non è mai neutrale e ogni dato nasce già ‘carico di teoria’, ma bisogna osservare, sempre e tanto, e lasciarsi stupire dal mondo.”
Quarto principio: un sistema è la sua storia. La struttura e la dinamica non possono essere separate, un approccio storico è importante (…) impossibile spiegarlo senza una prospettiva evolutiva. Potremmo dire che è proprio l’aspetto storico quello che rende un sistema complesso, sia esso biologico, cognitivo, culturale o economico.”
Quinto: l’aspetto di reti piccolo mondo (small world network). “C’è una diffusa tendenza dei sistemi complessi a posizionarsi in una zona piuttosto ristretta tra ordine e disordine, in modo da avere i vantaggi di entrambi: rinnovare le configurazioni spazio-temporali acquisite, miscelandole con il caos e il rumore, e mantenendo l’autonomia.”
Ignazio Licata così conclude la sua carrellata di principi di base:
“I principi che abbiamo discusso racchiudono un’idea semplice: i sistemi complessi propongono continuamente ‘sorprese’, emergenze di nuove dinamiche, che richiedono nuovi stili cognitivi e nuovi modelli.
(…) Tutti gli elementi entrano in gioco ogni volta in modo diverso, a seconda delle condizioni al contorno sistema-ambiente. Esistono diverse soluzioni energeticamente equivalenti e quella finale è impredicibile. Questo è ciò che succede con i sistemi socio-economici. Viviamo in un continuo sliding doors, dove piccole fluttuazioni determinano l’andamento delle cose, a volte ‘spostando’ semplicemente una traiettoria (storia), altre volte innescando processi di organizzazione radicalmente nuovi.
(…) Il pensiero sistemico riflette la complessità del mondo. Non c’è un punto d’arrivo ultimo, il ‘tutto’ di una teoria finale. Siamo processi che studiano processi, ‘inseguendoli’ cognitivamente.”
Altri punti di vista
Altri autori propongono proprietà e principi diversi per descrivere e caratterizzare sia i sistemi complessi che l’approccio cognitivo da adottare, ma in sostanza tutti convergono su alcuni concetti che possiamo riassumere in pochi punti chiave:
Processi bottom-up: numerosi elementi; poche e semplici regole locali; numerose connessioni fra gli elementi.
Non linearità: feedback positivi (retroazione destabilizzante) e feedback negativi (retroazione stabilizzante). Effetto farfalla: grandi effetti da piccole cause.
Transizione di fase al margine del caos: auto-organizzazione; emersione dell’ordine dal disordine.
Evoluzione dei sistemi aperti: strutture dissipative; sistemi dinamici (non in equilibrio); sistemi in grado di evolvere e co-evolvere con l’ambiente.
Punti chiave che portano a una serie di conseguenze e di concetti collaterali di cui va presa coscienza quando si tratta con reti e sistemi complessi: abbandono del principio di “causa-effetto”; abbandono del concetto di “terzo-non-dato”; accettazione di imprevedibilità e indeterminazione; interferenza dell’osservatore; focus sulle relazioni e i processi oltre che sui nodi e gli oggetti.
Diamo quindi una panoramica su alcuni dei libri di riferimento per lo studio della complessità, scegliendo, tra quelli presenti sul mercato e nelle biblioteche, i testi caratterizzati dalla facilità di lettura e dalla chiarezza della esposizione.
La nascita e lo sviluppo storico del pensiero complesso (e in particolare l’appassionante nodo di eventi e di interessi interdisciplinari che portarono alla fondazione del Santa Fe’ Institute) vengono raccontati in maniera appassionata e scientificamente impeccabile da Waldrop e Gell-Mann, nei loro libri ormai classici (l’edizione italiana del volume di Waldrop è fuori mercato: si trova solo in biblioteca):
- Morris Mitchell Waldrop, Complessità. Uomini e idee al confine tra ordine e caos, Instar Libri, Torino 1995 (ediz. originale: Complexity, Simon & Schuster, New York 1992)
- Murray Gell-Mann, Il quark e il giaguaro, avventure nel semplice e nel complesso, Bollati Boringhieri, Torino 1996 (ediz. originale: The Quark and the Jaguar, Freeman and Co., New York 1994)
Le caratteristiche e le proprietà dei sistemi complessi sintetizzate nel libro di Ignazio Licata, si trovano declinate con diverse tassonomie in vari altri volumi, tra cui segnaliamo, per chiarezza e facilità di lettura, due testi italiani di riferimento e uno tradotto dall’inglese:
- Alberto Gandolfi, Formicai, imperi, cervelli. Introduzione alla scienza della complessità, Bollati Boringhieri, Torino 1999 (nuova edizione: 2008)
- Alberto F. De Toni e Luca Comello, Viaggio nella complessità, Marsilio, Venezia 2007
- Steven Johnson, La nuova scienza dei sistemi emergenti. Dalle colonie di insetti al cervello umano, dalle città ai videogame e all’economia, dai movimenti di protesta ai network, Garzanti, Milano 2004 (ediz. originale: Emergence, Scribner, New York 2001; nuova edizione in e-book: 2012)
Nota: Gandolfi, nel paragrafo “Identikit di un sistema complesso” (pp. 97-99) individua la caratterizzazione dei sistemi complessi in 18 punti chiave, contro i 5 di Licata e i 7 di De Toni e Comello: punti che convergono tutti comunque sui concetti chiave che abbiamo esposto poco sopra.
Le grandi raccolte di testi introduttivi ai temi della complessità, realizzati dai maggiori studiosi internazionali (sociologi, informatici, matematici, fisici, economisti, filosofi, psicologi, medici…) e tradotti in italiano sono due e risalgono a qualche anno fa, ma mantengono ancora tutto il loro valore, fornendo una carrellata di punti di vista di prima mano, brevi e agili, senza la mediazione di nessun divulgatore:
- il più vecchio dei due è La sfida della complessità, con cui i curatori Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti hanno portato in Italia già nel lontano 1985, grazie all’editore Feltrinelli, il pensiero di studiosi come Heinz Von Foerster, Stephen Jay Gould, Ernst Vob Glaserfeld, Douglas Hofstadter, Ilya Prigogine, Francisco Varela o Edgar Morin (in commercio si trova l’edizione del 2007, proposta da Paravia Bruno Mondadori Editori)
- è invece tradotta dal francese la raccolta di interventi realizzata da Réda Benkirane, pubblicata in italiano nel 2007 da Bollati Boringhieri (l’edizione originale delle Editions Le Pommier era del 2002), in cui tornano nomi come Morin, Varela e Prigogine, a cui si aggiungono interventi di grande interesse come quelli di Christopher Langton, John Barrow o Stuart Kauffman.
Una curiosità: il primo libro uscito in Italia, nel lontano 1978, quando ancora non esisteva nemmeno il Centro di ricerche americano che sarebbe stato il propulsore del nuovo paradigma cognitivo complesso nel mondo, ovvero il Santa Fe’ Institute, un libro fuori commercio da molti anni:
- Joël de Rosnay, Il macroscopio. Verso una visione globale, Dedalo Libri, Bari 1977 (ediz. originale: Le Macroscope, Editions du Soleil, Parigi 1975)
BIBLIOTECA DEI CLASSICI DELLA COMPLESSITA’
Complexity Literacy Web-Meeting 2020
Recensione scritta, 8 ottobre 2020
(tratta dall’articolo di Valerio Eletti pubblicato il 25 maggio 2015 su Agendadigitale.eu)