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Nexus è il terzo libro segnalato per la Biblioteca dei classici della complessità, al Complexity Literacy Web-Meeting dell’autunno 2020.

 

 

Possiamo capire dalla descrizione dei parametri strutturali di una rete se questa è adatta o meno a trasmettere contagi virali, a mettere in contatto nodi distanti o a resistere ad attacchi esterni mirati?

Le risposte le troviamo in questo libro di Mark Buchanan ormai classico: “Nexus” (sottotitolo: “Perché la natura, la società, l’economia, la comunicazione funzionano alla stesso modo”), pubblicato in Italia da Mondadori nel lontano 2003, in contemporanea con l’edizione originale in inglese.

Leggendo questo classico possiamo farci un’idea delle strutture e dei meccanismi che regolano il comportamento delle reti, e possiamo capire come e quanto tali strutture e meccanismi condizionino la solidità, la resilienza e l’efficienza di una rete, sia essa digitale o sociale, economica o biologica.

  Per Saperne Di Più

Segnaliamo due curiosi e interessanti articoli sui paradossi derivanti dalle reti complesse (in questo caso una rotonda stradale di Torino) comparsi su Il Post a firma di Maurizio Codogno.

Codogno è un matematico esperto di informatica e teoria dei giochi che tiene una rubrica sul sito de Il Post e ha pubblicato diversi libri anche divertenti (l’ultimo è Numeralia, per Codice Edizioni)  

Il primo articolo che segnaliamo è intitolato “Quel pasticciaccio brutto di piazza Baldissera” e racconta come una rotonda cruciale per il traffico di Torino sia sia trasformata in una sorgente di ingorghi perpetui a causa del superamento della soglia massima di traffico che ha portato al collasso della fluidità indotta dalla rotonda: un esempio terra terra di come le reti complesse ubbidiscano alle leggi delle biforcazioni e delle soglie tipiche di tutti i sistemi complessi. 

La base teorica di questo comportamento di un sistema reticolare complesso si trova in un vecchio articolo pubblicato dallo stesso Codogno una decina di anni fa, nella stessa rubrica de Il Post: titolo, “Il paradosso di Braess“. Lasciamo a voi il piacere di scoprire di che si tratta. 

Ci voleva una recensione ricca e sottile come quella di Francesco Guglieri sulla rivista on line Doppiozero per mettere in luce in maniera nuova e particolarmente efficace le connessioni complesse che si rincorrono tra fisica quantistica, fenomeni sociali, tecnologia, e letteratura. 

L’articolo di Guglieri, intitolato “Helgoland: Rovelli e i quanti“, inizia con una considerazione che sembra completamente fuori contesto: “Il volume degli scambi della Borsa di New York varia ogni giorno tra i 2 e i 6 miliardi di transazioni, con un valore medio giornaliero (…) di 169 miliardi di dollari. L’unico modo per gestire una tale mole di dati è affidarsi alle macchine”; l’articolo continua poi con una impressionate mole di dati che riguardano i trasporti di merci e di informazioni che si appoggiano su quel “sistema di piattaforme, servizi, data center, dorsali oceaniche la cui complessità è tale da trascendere qualsiasi tentativo di comprensione del singolo individuo”. 

Insomma, scrive Guglieri, “il mondo è une rete di reti dentro altre reti, una complessità ingovernabile e ingovernata, senza nessuno alla guida se non (forse) la sua stessa, inumana, logica strutturale”.

Questa è la cornice insolita e stimolante entro cui si incrociano le considerazioni che emergono dal libro di Rovelli, “Helgoland”, e il romanzo di Don DeLillo in uscita in Italia a febbraio 2021, intitolato in origine “The silence”, in cui si immagina lo scenario distopico provocato da un blackout generalizzato di tutti i device digitali e le infrastrutture tecnologiche.